Che gli insegnanti italiani siano tra i meno pagati d’Europa è di dominio pubblico. Che si sentano, in larga parte, incompresi e bistrattati – dalle istituzioni e dalle famiglie – è altrettanto  noto. Se i dettagli generano confusione mentre la relazione tra i dettagli porta la conoscenza (Maria Montessori), potrebbe essere interessante provare a far dialogare questi due dettagli. Innanzitutto, c’è una relazione? La risposta è sì, c’è. Ed è tutt’altro che trascurabile.

CHI CE LO FA FARE?

Come in ogni gruppo sociale, anche nella classe docente c’è chi eccelle, chi vivacchia senza infamia né lode e chi – ahinoi – fa danni. La domanda che spesso si fanno gli insegnanti migliori è: “chi ce lo fa fare?“. La passione è fondamentale, non c’è dubbio. Ma non basta. Le pacche sulle spalle dei colleghi, l’apprezzamento del dirigente scolastico, il sorriso degli studenti, l’ammirazione dei genitori… sono riconoscimenti preziosi, fondamentali, ma non bastano. Se non ne siete convinti, la prossima volta che andate al supermercato provate a pagare la spesa con un sorriso, un complimento o una bella pacca sulla spalla! Il denaro, che piaccia o meno, influisce sulla percezione di sé e quindi sull’autostima.

Questo significa che stiamo progressivamente consumando l’entusiasmo e la motivazione della parte più alta della nostra classe docente. Con costi enormi non solo in termini di intelligenza collettiva ( i nostri test PISA sono disastrosi!) ma anche in termini di crescita futura della nostra economia (di questo parleremo in un altro post). Si tratta di un circolo vizioso: la professione ha perso e continua a perdere prestigio, allontanando i migliori talenti che – soprattutto nelle materie scientifiche – preferiscono orientarsi verso professioni che offrono prospettive retributive e di carriera più attraenti.

MERITOCRAZIA

La soluzione ci sarebbe: meritocrazia. Come già ampiamente sperimentato in vari contesti organizzativi, la soluzione potrebbe essere l’introduzione di un sistema incentivante, che premi gli insegnanti migliori con bonus, proporzionali al merito, che andrebbero a sommarsi allo stipendio annuo. Facile, in teoria. In pratica, tutte le volte che qualcuno azzarda questa ipotesi, si levano gli scudi degli ostacolisti (frenatori “di professione”) che a difesa della propria contrarietà sostengono l’impossibilità di stabilire dei criteri adeguati e oggettivi per valutare (misurare) le performance degli insegnanti. Si può anche essere d’accordo sul fatto che non sia un’impresa semplice. Va respinto invece con forza, secondo noi, l’atteggiamento alla base: l’immobilismo. La difficoltà di un’impresa non può essere una ragione per non provarci!

IL METODO VALORIZZA

Per cominciare, si potrebbe partire da una domanda: è possibile capire chi sono in una scuola gli insegnanti più bravi, al fine di poterli premiare? La risposta è: sì, è possibile. Pochi sanno infatti che nell’anno scolastico 2010-2011 il MIUR, in collaborazione con la Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo e l’Associazione Treellle, ha condotto una sperimentazione intitolata VALORIZZA.

La sperimentazione ha coinvolto 33 scuole di vario ordine e grado di Piemonte, Lombardia e Campania, che si sono rese volontariamente disponibili. Il metodo utilizzato è stato messo a punto a partire da questo presupposto: esistono degli insegnanti che raccolgono il consenso unanime di colleghi, studenti e famiglie, che anche dopo 40 anni saranno ricordati dagli studenti (tanto da quelli bravi quanto dai meno bravi) come insegnanti che hanno lasciato un segno positivo nelle loro vite. Ok, che esistessero lo sapevamo. Ma come fare per individuarli, prima, e premiarli, poi?

Il metodo VALORIZZA consiste nel raccogliere informazioni da tutte le componenti di una determinata comunità scolastica (docenti, famiglie e studenti) e nel convogliarle ad un nucleo di valutazione ristretto, interno alla scuola, composto da: dirigente scolastico, 2 insegnanti (eletti dal Collegio Docenti) e dal Presidente del Consiglio d’Istituto (osservatore senza diritto di voto). Lo scopo era identificare, con strumenti sia qualitativi che quantitativi, gli insegnanti la cui reputazione professionale fosse per tutti indiscutibilmente ottima.

I docenti valutati si sono candidati volontariamente. Ciascun membro del nucleo di valutazione interno alla scuola ha redatto la propria lista di insegnanti meritevoli, sulla base delle informazioni raccolte tra le componenti della comunità scolastica (colleghi, studenti e famiglie). Per essere ritenuti meritevoli di riconoscimento, gli insegnanti dovevano comparire in almeno due liste su tre. A questi docenti il Ministero ha riconosciuto un premio corrispondente a una mensilità di retribuzione una tantum.

I RISULTATI

La sperimentazione, anche se non priva di lacune, ha evidenziato – come primo importante risultato – un desiderio diffuso tra gli insegnanti di veder riconosciuta la propria professionalità, insieme all’apprezzamento per essere stati messi al centro dell’attenzione dei loro dirigenti, dei colleghi, degli studenti e delle famiglie. È stata molto apprezzata anche la possibilità di incrociare, ai fini della valutazione, punti di vista differenti.

È interessante notare, dal punto di vista quantitativo, la convergenza di giudizi tra le componenti in gioco (docenti, studenti, famiglie) su almeno due terzi degli insegnanti premiati dal nucleo interno di valutazione: per 2 insegnanti premiati su 3 il metodo sembra quindi aver raggiunto il suo obiettivo. Questo dato sembrerebbe confermare l’ipotesi di riconoscibilità dell’eccellenza su cui la sperimentazione si è basata.

Il punto maggiormente critico è stato invece la preoccupazione per la possibilità di individuare criteri oggettivi per valutare un fattore immateriale e sfuggente qual è la reputazione professionale.

Se siete interessati ad approfondire, potete scaricare la sintesi del rapporto di ricerca.

CHIUDERE PER APRIRE

Concludendo, come ogni sperimentazione, il metodo VALORIZZA può e deve essere messo in discussione e migliorato. È sbagliato e controproducente, invece, cedere alle resistenze degli ostacolisti e al loro immobilismo. È sbagliato e controproducente abbandonare il meglio della nostra classe docente e ignorarne le legittime aspirazioni di riconoscimento. È sbagliato e controproducente “fare gli struzzi” e rifiutarsi di vedere le conseguenze future, già in atto nel nostro presente, di questo abbandono. Abbandonando gli insegnanti migliori, abbandoniamo gli studenti (bravi e meno bravi… tutti!) e così facendo uccidiamo il nostro futuro. È bene esserne coscienti.

Voi cosa ne pensate?

* Post scritto in collaborazione con Roberto Fioretto, PhD