Scrivendo queste righe non ho indossato i panni dell’insegnante, né quelli di una studentessa e non ho scritto nemmeno dal punto di vista di un genitore: ho indossato tutti questi panni insieme, perché insegnanti, genitori e studenti, pur con occhi diversi, vivono la stessa scuola e hanno bisogno delle stesse risposte. Insegnanti, genitori e studenti sono facce della stessa medaglia.
SERENITÀ E SENSO
La scuola che vorrei è una scuola aperta e accogliente. Nella scuola che ho in mente, tutte le persone, entrando, si sentono serene e al sicuro. Quella serenità che hai quando senti che il mondo intorno a te è privo di minacce e ti offre, semmai, solo affascinanti sfide che puoi vincere impegnandoti e dimostrando abilità e competenze. Parlo di quella serenità che ti prende quando la tua pancia si rilassa e non ti senti risucchiato da mille preoccupazioni o dubbi; è quel tipo di serenità che ti porta in uno stato di ben-essere, che ti aiuta a concentrarti e a dare e ad essere il meglio di te, perché sai che dotando opportunamente la tua personale cassetta degli attrezzi, potrai arrivare a raggiungere qualunque meta.
Nella scuola che vorrei, infatti, realizzare i propri sogni è “una questione di abilità e competenze” ed è ben lontana dal vivere un futuro già scritto. Nella scuola di cui parlo, crescere dandosi obiettivi e realizzando i propri progetti è una questione di dare voce ed espressione al sapere acquisito, di aver nutrito adeguatamente passioni e stile personale nell’affrontare ostacoli e difficoltà, di scegliere la strada che ci rappresenta di più, di aver imparato un mestiere che amiamo e senza il quale la nostra vita non avrebbe senso. “Senso”… mentre scrivo mi soffermo su questa parola e la dico ad alta voce. Già, la scuola dovrebbe dare senso alle cose che facciamo: insegnare, così come imparare. La scuola che dà un senso alle cose che facciamo risponde immediatamente e con forza alla domanda: “Perché mi trovo qui?”, senza dubbi o esitazioni: “Ti trovi qui per costruire gambe e anima per il tuo futuro e per quello degli altri”.
FUTURO E VISIONE
Mi rendo conto che in questo momento, e non solo all’interno delle mura scolastiche, la parola “futuro”, invece che risvegliare gli animi, incute un certo terrore. Questo accade proprio perché mancano le condizioni per vivere serenamente la scuola, mancano i momenti per ascoltar-si. La scuola può e deve amare il futuro, a patto che glielo si permetta. È possibile riacquistare la visione del futuro, quando si ha il tempo di riflettere e di ascoltare, senza dover vivere costantemente in emergenza. Si ama il futuro quando si può posare una pietra sull’altra per costruire una casa solida e grande, senza bruciare i tempi e senza che le carte del progetto cambino ogni giorno. Credo che la serenità porti visione e voglia di futuro. Molto spesso invece, studenti, insegnanti – e anche genitori – vivono in emergenza come in un pronto soccorso tra precarietà, confusione, strutture inadeguate, poche risorse a disposizione.
Chi di noi farebbe salire il proprio figlio per un lungo viaggio nel traffico in un’automobile poco sicura, senza revisione né assicurazione, e magari guidata da un autista stanco e demotivato? In realtà la scuola è il luogo dove i ragazzi fanno il loro viaggio più bello e, proprio per questo, dovrebbe essere sicura e ricca di risorse, stimoli e personale qualificato ed attivo; un personale felice di fare il lavoro che ha scelto e per il quale si è formato e continua a formarsi, un personale che non è schiacciato da burocrazie, impedimenti, ristrettezza delle risorse e problematiche che nascono dietro ad ogni angolo. La precarietà non fa di certo bene alla serenità di chi la vive sulla propria pelle, né tanto meno giova a quelle centinaia di studenti che iniziano un percorso di studi con un insegnante per poi, dopo aver costruito una relazione di scambio e fiducia e aver trovato un punto di riferimento, trovarsi davanti, dopo pochi mesi, un altro volto, un altro insegnante, un’altra persona da imparare a conoscere.
La mancanza di risorse impedisce al personale scolastico di vivere appieno la scuola, dovendo tagliare attività importanti e costruttive come visite d’istruzione, scambi culturali, seminari, laboratori, momenti extracurricolari che hanno la funzione di differenziare l’offerta formativa… perché anche se in pochi se lo ricordano, a scuola non sono tutti uguali e non vivono tutti le esperienze allo stesso modo. Senza contare che, nel periodo dell’adolescenza, uno studente ha bisogno di tante voci e punti di riferimento per capire da che parte sta andando, per scegliere quale strada percorrere. Nella scuola di oggi vedo e sento poche risposte e tanto silenzio, dovuto anche alla mancanza di risorse con cui progettare e rispondere ai bisogni delle persone.
Quel che è certo è che la serenità non compare all’improvviso, si costruisce giorno per giorno attraverso azioni e parole, progetti e atteggiamenti, obiettivi e consapevolezze; si costruisce grazie alla capacità di leggere qualunque contesto con le giuste lenti, acquistando poi le competenze per saperlo affrontare e, perché no, innovare e migliorare.
LA SCUOLA È CURA
Senza serenità e visione, senza amore per il futuro, non è possibile seminare e raccogliere buoni frutti, perché non ci sono le condizioni per immaginarli e per spendersi per renderli reali. Non si è mai visto un orto coltivato senza pazienza, dedizione, amore e competenza, senza i mezzi che servono per la cura. È vero, qualche volta accade anche che dei fiori meravigliosi e frutti saporiti e unici spuntino privi di cure in un terreno incredibilmente arido. A quei fiori però, spetta spesso una missione difficilissima: sopravvivere nel deserto e far crescere altri fiori con cui condividere e progettare una eventuale semina.
Per quanto sia affascinante, la scuola non può essere un fiore raro, la scuola è di tutti e per tutti. Non sarebbe meglio poterla vivere con serenità, visione e risorse adeguate?
Fortunatamente ci sono persone come te Elisa, che ogni giorno lavorano per costruire una scuola migliore. Io sono tra i privilegiati ad aver avuto la fortuna di conoscerti tra quei banchi…e proprio per questo so quanto la tua passione ed il tuo amore per la conoscenza siano profondi ma soprattutto contagiosi! Hai ragione, la mancanza di risorse rende tutto più difficile…ma tu non fermarti e travolgi tutti con il tuo entusiasmo!
Grazie Maddalena…ricordo quegli anni con immensa gioia e proprio grazie a persone motivate e belle come te ogni giorno trovo entusiasmo ed energia. Entrambe facciamo un lavoro che amiamo e io credo proprio che questo faccia la differenza…per noi e per gli altri. Grazie per questa iniezione di gioia!!!!!!!!
Nella scuola di oggi ci sono, a mio avviso, moltissime cose da cambiare, forse troppe, quindi mi limiterò a descriverne alcune.
Precisazione: parlo da insegnante precaria, ho girato un congruo numero di scuole e quindi mi sono fatta un’idea piuttosto precisa sull’argomento.
Partiamo dal corpo docenti… Credo che anche per i docenti, così come per gli alunni, si debbano pensare a dei percorsi di apprendimento e aggiornamento che siano degni di questo nome. Al posto di milioni di ore di riunione (non credo che all’Onu ne facciano altrettante), si dovrebbero pensare dei seri percorsi di approfondimento. Non credo sia corretto che un docente rimanga fermo al sapere del proprio percorso universitario, soprattutto considerando che un docente insegnerà fino a 65 anni ed oltre. E’ vero, i docenti dovrebbero autoaggiornarsi, studiare autonomamente, e vi assicuro che molti di noi lo fanno, ma non tutti, no, non proprio tutti e ci sono discipline, pensate alle lingue, che davvero se non aggiornate vanno incontro ad una decadenza totale che si riversa poi sui poveri studenti. Inoltre, credo sia anche una questione di stimolo e gratificazione: un docente felice e interessato alla propria disciplina sarà un insegnante attivo e positivo in classe. Viceversa un insegnante che ha passato 6 ore del suo pomeriggio a parlare di quanta carta igienica gli alunni consumino in bagno, forse non sarà propriamente “arzillo” il giorno dopo in classe.
Ora veniamo agli alunni…Per loro vorrei una scuola aperta, non mi riferisco alle giornate di accoglienza dei futuri alunni, ma ad una apertura pomeridiana. Intendiamoci, le scuole sono già aperte, ma per le riunioni o per far prendere aria alle aule, non per i veri utenti della scuola. Gli studenti non possono fermarsi a scuola a studiare, non è previsto dai regolamenti scolastici, non c’è personale atto a sorvegliarli. Perché? Perché mi chiedo le classi non possono diventare delle aule studio sul modello universitario? Perché il personale della scuola non si rende disponibile ad una semplice vigilanza? Nella scuola che ho in mente gli studenti dovrebbero avere la possibilità di condividere il studio (non su facebook, di persona), dovrebbero avere a disposizione una biblioteca, magari degli insegnanti disponibili a riceverli per dei chiarimenti e approfondimenti, non solo per corsi di recupero, la scuola per chi forse non se ne è accorto, è anche fatta di studenti che ogni tanto vorrebbero qualcosa in più del ripasso. Ricordiamoci: potrebbero volere anche loro approfondire qualcosa che li interessa particolarmente. Perché il ricevimento docenti è solo per i genitori? Non sono forse gli alunni i diretti interessati? Oppure perché non istituire dei bandi esterni per queste collaborazioni pomeridiane? I progetti e le attività scolastiche vengono per lo più affidati internamente ai docenti, questo molto spesso non garantisce il massimo risultato, credo che nella miriade di laureati nelle più diverse discipline ci possano essere dei valori assolutamente utilissimi alle scuole e questo forse darebbe anche ai nostri studenti una prospettiva diversa.
Quello che in sintesi vorrei è una maggior efficienza ed ottimizzazione del tempo, una maggiore valorizzazione delle competenze, una maggior disponibilità verso la vera utenza della scuola.
Che dire Eva…sono d’accordo su tutta la linea. E ti ringrazio per questo contributo che parla di competenza e passione. La scuola deve cambiare, mi piacerebbe vedere studenti che la popolano anche al pomeriggio, insegnanti che possono formarsi in serenità perché il loro lavoro viene riconosciuto e ci sono degli obiettivi di contenuto e relazione. Ti ringrazio davvero tanto per tutti questi spunti…é stato bellissimo leggerti.
ESEMPI
Nella scuola che vorrei ognuno dovrebbe poter lavorare in base alle proprie competenze per offrire il miglior servizio possibile all’utneza, spesso però nella scuola reale questo non accade.
Veniamo agli esempi: in quasi tutti gli istituti scolastici esiste un’alta percentuale di studenti stranieri bisognosi di specifica programmazione ed appositi corso di italiano L2. Penserete che, ovviamente, a svolgere questi corsi sia personale appositamente formato e con buona conoscenza di una lingua veicilare; nvece no, molto spesso questa mansione viene affidata a docenti che non hanno alcuna formazione specifica,nè tantomeno conoscenza di una qualsiasi lingua diversa dall’italiano. Di contro molti neolaureati in lingue orientali, o in arabo, rumeno, con magari alle spalle anche un master in italiano L2, sono a casa in disperata ricerca di lavoro rispondente alla loro formazione. Questo è il primo lampante esempio di mancato utilizzo di personale specializzato che va a sccapito dell’utente.
Veniamo ora ad un secondo esempio: nei nostri istituti scolastici ci sono sempre specifici programmi (molto spesso sedute pomeridiane) di orientamento in entrata e in uscita. Nelle scuole secondarie di secondo grado quest’ultimo prevede l’orientamento degli studenti verso il mondo universitario. Vi aspettereste che a svolgere la mansione sia un docente con esperienza in tale campo, invece no, anche qui il docente di turno si improvvisa orientarore, a scapito di persone che magari, come me ed Elisa, hanno svolto delle mansioni di tutor o docenza all’interno dell’università. Ma a scuola nessuno valuta il curriculum vitae dei docenti, ergo come è possibile sapere se un docente abbia o meno esperienze lavorative pregresse ? Ed ecco quindi che i nostri studenti si trovano a svolgere programmi di orientamento vissuti molto spesso come più come possibilità di saltare ore di lezione, che come occasione per capire veramente il funzionamento dei corsi di studi universitari.
Questi spunti di riflessione non volgiono assolutamente danneggiare l’immagine della scuola, ma solo capire come essa possa essere migliorata, tenendo presente che esistono anche realtà positive che si affidano a personale esperto per ricoprire mansioni specifiche e importanti per il benessere dello studente.
Sono pienamente d’accordo con Eva. La scuola é spesso cieca di fronte a burocrazia e procedure quando invece dovrebbe concentrarsi sulla valorozzazione delle competenze…perché ci sono. I due esempi riportati sono quotidiani e chi frequenta la scuola si ritroverà in queste parole. Aggiungerei un’altra riflessione-provocazione:siamo davvero sicuri che insegnamenti come storia dell’arte e geografia siano marginali? Lontana dal voler essere polemica, mi piacerebbe pensare e vivere una scuola che apprezza e nutre la bellezza del sapere e la trasforma in azione grazie alla competenza dei suoi docenti e alla partecipazione dei suoi studenti.