Navigare in rete richiede una sola patente: l’impiego della responsabilità. Leggendo le pagine dei giornali delle ultime settimane, non ho potuto fare a meno di riflettere sulla questione dei nativi digitali, del mondo che cambia con e attraverso la tecnologia. La rete è ormai uno stile di vita, questo stesso blog sull’educazione, l’apprendimento e la comunicazione lo dimostra.

Il presente cambia in maniera esponenziale e continua: le generazioni sono sempre più lontane in termini di stile di vita, tecnologia e innovazione. Il cambiamento è talmente serrato, dicono gli scienziati, che il trascorrere di due anni di oggi equivale al trascorrere di otto anni di non molto tempo fa: in altre parole, negli ultimi tempi stiamo vivendo otto anni in soli due anni, in termini di cambiamenti sociali, economici, tecnologici.

Pur continuando a pensare che l’innovazione e la tecnologia rappresentino una parte importante della crescita di un paese e del suo sviluppo, mi rendo conto che c’è qualcosa che ci sta sfuggendo pericolosamente di mano e, molto spesso, a farne le spese sono i ragazzi più giovani. Quegli stessi ragazzi che sono nati con la tecnologia, ragazzi per i quali i cellulari e internet sono sempre esistiti. Quegli stessi ragazzi che solo perché “ci sono sempre stati in mezzo” pensano ingenuamente di padroneggiare in maniera consapevole e “sciolta” l’utilizzo della rete: per fare amicizia, per risolvere problemi, per comunicare, per diventare popolari, per fare tutte le cose che possono venire in mente in ogni momento della giornata.

Tutto questo accade senza che si rendano conto che internet è una grande opportunità che nasconde anche molti tranelli. In pochi sanno che la rete è un mezzo potente che implica una responsabilità, esattamente come guidare un motorino o un’automobile. Per non fare del male a se stessi e agli altri è necessario conoscere l’auto, le regole della strada, la cultura del luogo dove guido (corsia di destra o di sinistra? Fa una bella differenza…), gli spostamenti delle altre persone all’interno dei vari percorsi (piste ciclabili, rotatorie, sensi unici, sensi vietati, ZTL, attraversamenti pedonali). E pur mettendoci testa ed attenzione, per strada la distrazione è sempre dietro l’angolo, l’imprevisto può arrivare da ogni parte.

Questa è la differenza fondamentale tra un guidatore esperto e un neopatentato: il guidatore esperto è spesso in grado di prevenire il pericolo, di fiutarlo nell’aria. Allo stesso modo, navigare in rete richiede competenza (e in questo i nativi digitali ne hanno da vendere e da insegnare a genitori e nonni) ma anche una buona dose di esperienza (che appartiene ai genitori e alla generazione più adulta): richiede di essere pronti, svegli e vigili… ma soprattutto richiede di essere alla guida dello strumento, per non subirlo e venirne travolti.

La rete è uno strumento molto potente che è necessario saper utilizzare nei modi e nei tempi opportuni, come tutti gli strumenti di cui si vuole garantire il corretto funzionamento.

La parola che più ritorna nella mia mente scrivendo queste righe è responsabilità.

Responsabilità secondo me è metterci la faccia… ma in rete la faccia di chi è? A volte, alcuni ragazzi non conoscono nemmeno le persone con cui stanno parlando, o “chattando”.  Come si può essere responsabili di qualcosa, se siamo invisibili? Il pericolo maggiore è che la rete diventi sempre più il luogo per eccellenza dove nascondersi e fare quello che alla luce del sole risulterebbe più difficile e sconveniente.

La rete dovrebbe, al contrario, rappresentare un’opportunità da ottimizzare, dovrebbe cavalcare l’innovazione e l’evoluzione, non certo l’abbruttimento della civiltà e la dimostrazione “protetta” della bestialità e dello sfogo collettivo.

Uno sguardo al futuro – ci nascondiamo dietro a un dito?

Nel mio lavoro di formatrice mi trovo quotidianamente di fronte a situazioni che riguardano adolescenti e famiglie a contatto con il mondo digitale. La loro quotidianità è fatta di continue negoziazioni: se non vai bene a scuola ti tolgo il cellulare, guardo internet solo per studiare, non vado su Facebook, uso la chat così risparmio in sms, togli quella foto dal tuo profilo, non inserire video con i tuoi fratelli piccoli, etc. Se continuassi riempirei questa pagina in un attimo.

Che fare? La risposta è ancora una volta in una parola: cultura. Anche questo affascinante ed attraente nemico, a mio avviso, si sconfigge solo con la conoscenza, l’ascolto e la relazione.

Tre parole chiave fondamentali senza le quali internet continuerà ad essere un sottobosco pericoloso, capace di sostituire le amicizie vere con i profili falsi e i consigli con le minacce e il cyberbullismo.

1. Conoscenza – parlare la stessa lingua

Definiti come generazione dei nativi digitali – generazione z – bambini e ragazzi sono massimi esperti di videogiochi, programmi televisivi, giochi di ruolo e social network. A partire da queste esperienze, si informano e creano reti di contatto comunicando con il mondo. Oltre alle opportunità, queste esperienze quotidiane rappresentano anche diversi rischi, come la dipendenza da internet, l’uso improprio dei dati o, nei casi più gravi, le forme di abuso. Affinché i bambini e i giovani imparino ad interagire in sicurezza con i media, è indispensabile che, insieme ad insegnanti e genitori consapevoli ed adeguatamente informati, riescano ad identificare e a chiamare per nome tutte le opportunità e i rischi del caso. Per poter analizzare e in seguito gestire nel modo migliore queste esperienze quotidiane, è importante che educatori e genitori in primis siano informati su codici, linguaggi e forme di interazione della generazione z, che conoscano gli approcci, le innovazioni e gli stili praticati dai giovani nel loro vivere i media. È sempre più necessario che trovino risposte efficaci ed efficienti a queste domande, anche con l’aiuto dello Stato e delle strutture competenti:

Quali sono i linguaggi, gli stili e le pratiche utilizzate dai giovani e legate ai media?

Quali sono le opportunità e i rischi collegati all’uso dei media digitali?

Come si possono promuovere le competenze mediali?

Come ci si protegge dai rischi?

2. Ascolto attivo – più autorevoli e meno autoritari

Per non trovarsi sospesi tra il permissivismo e la censura, genitori ed educatori hanno bisogno di condividere un sapere, hanno bisogno di informarsi e condividere codici, mettendosi alla pari, mettendosi in condizione di dialogo, apertura e racconto.

Per quanto riguarda i media, la vera sfida di educatori e genitori è rappresentata dal riconoscere di non sapere tutto, dal riconoscere che per prendersi cura dei ragazzi è necessario imparare a comprendere il loro linguaggio, il loro mondo, il loro stile. La conoscenza, come abbiamo appena detto, è il primo gradino per poter agire in maniera efficace. Il secondo gradino è l’ascolto attivo: “annusate”, guardate, siate presenti per i vostri ragazzi con la voglia di saperne di più. Non si tratta certo di perseguitarli e di negargli l’autonomia, si tratta di interpretare a fondo il ruolo di una presenza vigile, attenta, autorevole e non autoritaria.

3. Relazione – creare una consapevolezza e svelare il retroscena

Un altro tassello fondamentale, dal mio punto di vista, è un lavoro profondo e mirato (svolto da strutture competenti) sul ben-essere e il ben-stare. Un percorso che vorrei vedere attivo in ogni scuola: imparare a volersi bene e a praticare il pensiero divergente e la creatività, anche e soprattutto in rete, così come in tutti i contesti della vita quotidiana.